martedì 3 dicembre 2013

DOVE SI NASCONDE LA SALUTE di Giancarlo Ricci


Tutto il nostro sapere deriva dal cielo, affermava con un aforisma lo psicanalista Jacques Lacan. Oggi il sapere medico sembra non abiti più nel cielo delle idealità: la scienza medica enfaticamente ci ricorda quotidianamente che la nostra salute è sempre provvisoria, eventuale, probabile.
 Il concetto stesso di salute è diventata una costellazione dai contorni vaghi, indefiniti, addirittura contraddittori. L'immaginario sociale, pervaso dal più sano scientismo, è frastornato da statistiche, da diagnosi sempre più comprovate, da tecnologie miracolose, da farmaci portentosi, da scenari avveniristici dove sarà impossibile ammalarsi di qualcosa perché già tutto è stato previsto e riparato. 
    Come proponeva un importante libro del filosofo Hans-Georg Gadamer dal titolo Dove si nasconde la salute  (Cortina Editore), oggi quasi lo abbiamo dimenticato: ammirando l'avanzamento delle nuove bio e neuro ingegnerie, gli imminenti  miracoli della genetica, i risultati di alchimie farmacologiche, abbiamo forse dimenticato l'essenziale: dove si nasconde la salute? Ma che cosa è la salute, come la curiamo, come trattiamo il nostro corpo e la nostra psiche? Quale relazione tra la parola e l’inconscio? Sono domande cruciali che Hans-Georg Gadamer sviluppa ed esplora. "La cura della salute - afferma - è un fenomeno originario dell'essere umano". E giustamente parla del "guaritore ferito", di quell'antico quanto irrealizzabile sogno di padroneggiare la morte e quindi dominare la vita. Se tale furor sanandi giungesse a compiersi la società sarebbe cartesianamente abitata da macchine viventi, da "replicanti", da esseri bionici. E la società stessa verrebbe regolata da un principio biopolitico. Il dibattito che sta sorgendo intorno alla nuova versione del DSM V va proprio in questa direzione. 
  Il libro Dove si nasconde la salute esplora una serie di temi adiacenti alla salute: dalla medicina come arte al problema dell'intelligenza, dalla corporeità all'esperienza della morte, dall'oggettivabilità medica al concetto di cura e all'importanza del dialogo e della parola.  "La salute non si dà a vedere", afferma Gadamer. "E' invece la malattia a manifestarsi come ciò che si oggettiva da sé e che ci viene incontro, ci invade". La coppia malato/sano incomincia a vacillare: i due termini non sono simmetrici, perdono la loro complementarità. Addirittura talvolta la guarigione "clinica" è la produzione di una nuova malattia, più “silente” o più sopportabile della prima. "In verità non è possibile misurare la salute", incalza Gadamer, e mette in guardia dalla super specializzazione, dalla riduzione del malato a un numero, dall'uso indiscriminato di psicofarmaci. "Ma allora che cos'è in realtà la salute, questa condizione misteriosa, che tutti conosciamo e che d'altra parte non conosciamo per niente, perché è così prodigioso essere sani?"  Una constatazione: più la malattia viene resa visibile e oggettivabile, più la salute sembra celarsi. Se volessimo proseguire in questa direzione dovremmo considerare l'apporto della psicanalisi. Di certo ci inoltreremmo in un'ulteriore complessità. Termini come guarigione, salute o normalità acquistano infatti un diverso significato a seconda che si tratti di un ambito medico o psichico. Confonderne i registri, estendere il criterio medicalista al campo psichico, usare i medesimi criteri diagnostici, ha prodotto (come ha notato Michel Foucault) una serie di equivoci. Anche la confusione tra psicoterapia e psicanalisi è l'effetto di un malinteso. Infatti mentre la prima presuppone  una finalizzazione della cura, punta all'abolizione del  sintomo e pertanto si attiene al principio del ripristino e della riparazione,  la psicanalisi invece comporta un lavoro relativo a una trasformazione soggettiva. Mai come oggi infatti assistiamo a una mescolanza tra i saperi e a un'ibridazione di pratiche che ci allontanano da un'effettiva esperienza di verità. Si tratta allora di saper distinguere la complessità teorica, clinica e culturale della psicanalisi da altre pratiche psicologistiche improntate prevalentemente all'empirismo e al pragmaticismo. 

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